Come primo articolo ho scelto di esplorare il significato di AVIDYA (mancanza di conoscenza – ignoranza). Mi colpisce molto il suo significato, per l’esattezza nel dare risposta ai miei tanti quesiti. Mi permette ad esempio di comprendere come mai, come essere umani, siamo ancora cosi lontani dal mettere in pratica gli insegnamenti dei grandi maestri, che ci permetterebbero di essere tutti più sereni e felici, e soprattutto “liberi”! Ovunque si guardi sul nostro pianeta c’è sofferenza, come insegnava il Buddha nella prima delle quattro nobili verità.

Una famosa e celebre frase del Dalai Lama, che da ragazza mi colpì, fu “l’ignoranza è il cancro del mondo” e con il tempo sempre più profondamente ne compresi il significato, soprattutto attraverso la pratica e lo studio dello Yoga, del Taoismo e del Buddhismo. Una frase pubblicitaria che mi colpì alcuni mesi fa è: “Se pensate che l’educazione costi, provate l’ignoranza”!

La parola vidya in sanscritto significa “saggezza o conoscenza” attraverso una pratica ed una esperienza profonda. Mentre a sta per “assenza”. Nello yoga così come nel buddismo avidya può essere interpretata come – la realtà offuscata dai veli dell’ignoranza. Pertanto non si tratta di una mancanza di informazione, bensì una mancanza di conoscenza ed una inabilità di sperimentare l’intrinseca e profonda connessione con l’altro, l’essenza, il vero SÉ.

Molti sono i veli ed i livelli di avidya, i quali operano attraverso tutti gli aspetti della vita, nella strategia di sopravvivenza, nelle relazioni, nei pregiudizi culturali, o nelle cose che si vogliono o che si temono. In ogni manifestazione di avidya si fallisce nel riconoscere che, nell’essenza ognuno è un essere spirituale in connessione con ogni atomo dell’universo.

Uno dei modi per riconoscere avidya in azione, è l’abitudine a pensare che siano gli altri a doverci trattare meglio, oppure, quando si ritiene di avere bisogno dell’approvazione dell’altro per sentirsi appagati. Mentre, in verità, spesso gli altri agiscono noncuranti del benessere dei più, e così ci si rimette alla loro mercé. Un altro modo avviene quando ci si attende che siano gli altri ad entrare in azione, come nel caso dei politici, delle aziende, delle multinazionali, delle istituzioni o altro ancora, ritenendo pigramente che operino per il bene comune, restando inermi e lamentosi in attesa che le cose cambino, fallendo così di prendersi la piena e completa responsabilità al 100% di ogni azione.

Diceva San Tommaso Moro “Signore dammi la forza per cambiare ciò che posso cambiare, accettare ciò che non posso cambiare e la saggezza per discernere tra i due. Inoltre Signore donami un’anima che non conosca brontolamenti, sospiri e lamenti. Signore non permettere che mi preoccupi eccessivamente di quella cosa invadente che chiamo “io”. Amen”

Il grande saggio Patanjali all’incirca 2000-2500 anni fa, fu il primo a descrivere nel dettaglio lo Yoga nei suoi 195 Sutra (aforismi).  Ecco come egli definì avidya in 2.5: “vi sono quattro tipi di ignoranza (avidya) 1. scambiare ciò che è impermanente con eterno 2. ciò che è impuro con il puro 3. ciò che causa sofferenza con la felicità 4. scambiare il non Sé dall’autentico Sé.”

Certamente il sutra vuole indurci a mettere in discussione le nostre nozioni circa la nostra vera identità, cercando in profondità, per osservare la nostra “non” conoscenza della realtà che è quella di essere “UNO” con l’oceano della coscienza globale.

Viviamo infatti per lo più in uno stato di trance o torpore che ci mostra solo la superficie, impedendoci di vedere in profondità, dal momento che la trance è fondata su concetti e preconcetti dalla cultura circostante.  I mass media sono senz’altro uno dei tanti strumenti che oggi inducono alla trance, il loro scopo non è purtroppo quello di informare, educare o formare, bensì di vendere qualcosa, spingere al consumismo oltre che creare spettatori, spesso avvalendosi delle disgrazie altrui.

VIDYA

Vidya invece vuole risvegliare, indurre alla riflessione profonda, alla conoscenza della vera identità, scoprire i sogni autentici e non quelli dettati dalle mode di tendenza, bensì quei sogni che danno senso alla vita e che sono al proprio ed altrui servizio.

Certamente è piuttosto difficoltoso per la maggior parte di riconoscere l’esistenza dei veli e l’indiscutibile necessità del loro smantellamento. A questo hanno pensato già oltre 3000 anni fa i grandi saggi, tramandando le pratiche filosofiche e spirituali quali lo yoga, la meditazione ed altre filosofie, affinché tutti si possa effettuare un cambio di paradigma e risvegliarsi dal torpore. Come appresi durante il corso di Professional Coach “uscire dal paradigma della sopravvivenza per entrare nel paradigma del cuore”! O ancora come lo definiscono Corrado Pensa e Neva Papachristou “Colui che dimora ardentemente così nel momento presente, che si impegna di continuo giorno e notte, è detto <calmo>, <saggio>,” tratto dal loro da Dare il cuore a ciò che conta.

Possiamo iniziare a liberarci di avidya iniziando a chiederci la validità delle nostre idee, dei nostri sentimenti, delle nostre credenze. La prossima volta che qualcuno ci comunicherà qualcosa che non avevamo mai sentito, visto o provato prima, abituiamo la nostra mente ad osservare il nostro modo o bisogno istintivo di reagire, e pertanto, ancor prima di reagire proviamo a fermarci per un attimo e respirare profondamente facendo sedimentare per alcuni secondi l’informazione e poi rispondere con più ponderazione. A questo proposito sempre durante il corso di coaching imparai “l’ascolto parlare”, oggi riconosco che si trattava di una tecnica di mindfulness, consapevolezza al momento presente (retta parola). Facciamoci sorprendere! Forse la risposta sarà completamente diversa dal previsto e chissà, magari ci piacerà o aiuterà a conoscere qualcosa di nuovo, qualcosa che fino a quel momento ci sembrava assurdo, impossibile, irraggiungibile, o anche solo inverosimile.

Sarà caduto il primo di tanti veli.

Buon risveglio a tutti.

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